martedì 23 giugno 2015

Join the dark side, we have Crostata di Frutta

Episodio I

"Poco dopo il compleanno di Sara,ad aprile, spie ribelli sono riuscite a rubare i piani segreti dell'arma decisiva dell’Impero, la MortacciTuaNera, una torta di pan di spagna a strati, corazzata di glassa al cioccolato di tale potenza da poter distruggere un intero mese di dieta.
Inseguita dai biechi agenti dell’Impero, la Principessa Leila sfreccia verso casa a bordo del 15, custode dei piani rubati che possono salvare il suo popolo e ridare libertà alla galassia…

Na na na naaaa naaaa nanananaa na na na na naaaana nanananaaa (se lo hai letto cantando, complimenti, sei dei nostri).

...

I capitoli II e III della saga, li abbiamo festeggiati a giugno (Davide l’11, Ilaria il 22), ma abbiamo deciso di fare una festa congiunta, e l’Impero ha pensato, per la lieta occasione, di costruire un’altra potentissima arma interstellare, la Crostata di Frutta. 

Vi posto la ricetta, non sprecate queste informazioni, molti Bothan sono morti per farcele avere.


Episopdio II&III

Per la base di pasta frolla, procuratevi uova, farina&frumina, zucchero, burro e lievito.

Non ricordando mai, da una volta all'altra, le dosi corrette, consultate almeno 3 siti di cucina differenti, dove le dosi e le proporzioni tra gli ingredienti saranno ovviamente tutte diverse. 

Calcolate la proporzione ideale tra farina e frumina, eseguendo una media ponderata tra le varie dosi proposte. Date quindi al risultato finale della farina il valore di X, e a quello della frumina il valore Y. Applicateli per risolvere un'espressione di 3° grado, dove Z sarà la dose di zucchero. (*Il risultato a piè pagina).

Per ogni uovo intero, aggiungere un rosso. Potete tenere da parte l’albume avanzato per realizzare delle squisite meringhe, oppure potete tenerlo da parte per poi farlo cadere miseramente nel lavello mentre spostate il mixer e le ciotole sul vostro strettissimo piano da lavoro.

Per quanto riguarda il burro, usarne centinaia e centinaia di grammi, senza però rivelarlo agli ospiti più sensibili in termini di ipercaloricità della vita. Lasciate trapelare questa informazione qualche giorno dopo su twitter, con calma e nonchalance.

Impastate la farina, lo zucchero, le uova, il burro e il lievito e realizzate una pallina. Per scrostarvi gli avanzi di pasta frolla dalle mani, versateci sopra un po’ di farina. Un po’ di farina, non significa mezzo chilo di farina. Altrimenti sarete costretti ad aggiungere ancora un po’ di burro e un po’ di uova... e così via, fino a che la vostra palla di frolla impastata raggiungerà le dimensioni di un pallone da calcio.

Il consiglio che troverete su tutti i siti, cioè la necessità di preparare la pasta frolla qualche ora prima, per poi lasciarla riposare, potete tranquillamente ignorarlo. Si tratta infatti di un palese tentativo di manipolazione, parte di una strategia internazionale molto complessa, per far sentire in colpa le persone che non hanno tutto ‘sto tempo da dedicare alla pasticceria casalinga, per demotivarle e lasciare che le potenti lobby del catering industriale organizzato prendano il sopravvento nel mondo.

Stendete la pasta frolla, cuocerla, attendete che si raffreddi ma non troppo che poi bisogna andare a lavorare. Prima di uscire, ricopritela con la crema pasticcera (vedi ricetta crema pasticcera inclusa nei piani della MortacciTuaNera).

Per la guarnizione di frutta, a scelta ovviamente, noi consigliamo:
  • Mirtilli (150 gr basteranno, ma prendetene almeno 500 gr, per assaggiarne uno per vedere se sono buoni e, in rapida successione, assaggiarne altre 6/7 manciate piene da non riuscire a chiudere la bocca, perchè sono troppo buoni);
  • Lamponi (idem come i miritlli);
  • Fragole (idem con patate, ma le patate lasciatele da parte, che sulla torta non si accostano bene ai frutti rossi).

Non resta altro da fare se non ricoprire il tutto con un bello strato di gelatina. 
Per dare alla torta quel tocco di frenesia in più, dimenticatevi di acquistare il preparato per la gelatina, e lanciate un accorato appello a vostro marito, che lo compri lui mentre esce dal lavoro (facendogli la solenne promessa di non inserire nel blog l’episodio in cui lui preparò la sua prima gelatina, e dovendo aggiungere alla polvere 3 o 4 cucchiai di zucchero, lesse per sbaglio 34, e preparò una specie di malta a presa rapida, brevettata poi dalla Bostik).

Et Bon Appetit!!

Crostata di Frutta
(con la partecipazione straordinaria sul set fotografico del famoso Pinguino Gerundio).


*La risposta è sempre 42. 


domenica 7 giugno 2015

Gita alle Ferie Medievali di Pavone Canavese. (Con sovrabbondanza di parentesi).

Premessa

All’inizio non volevo raccontare di questa gita. Non avevo approfondito le storia locale, non mi ero appuntata i nomi dei personaggi, non avevo neanche tutta 'sta voglia.
Poi è successo che mia cognata… Oh no, aspetta, così diventa troppo personale, Carmen potrebbe riconoscersi. Facciamo così, diciamo “la sorella dell’uomo che ho sposato”. 
Sorella di marito, insomma, verso la fine della nostra gita, mi informa di aver acquistato per suo figlio uno strumento musicale medievale, ma di essersi accorta che non era funzionante e di volerlo andare a cambiare. Ovviamente non era "rotto". E non era neanche uno strumento musicale. Ma ricominciamo da capo e con ordine.


Tema

Da quattro anni a questa parte, la famiglia Grillo si reca in gita alle famosissime ed internazionalmente note “Ferie Medievali”, che si svolgono a giugno, a Pavone Canavese. 
La preparazione comincia a marzo, quando uno dei due maggiorenni del gruppo esclama all’improvviso:“Ehi, guarda su internet quando fanno le Ferie a Pavone!”. 
“Sì, poi guardo…” risponde l’altra, mettendosi su internet a fare tutt’altro per almeno le due settimane successive. 
Al termine di un periodo di cazzeggio, che può protrarsi fino alle otto settimane, se l'autrice decide di impelagarsi nell'apertura di tre pagine Facebook, la famiglia scopre che la festa grossa è domenica 7 giugno. Dopodiché se ne scordano tutti, fino a venerdì 5 giugno. 

Il sabato sera precedente si va a dormire ovviamente molto tardi, perché siamo ribelli e non ce ne frega niente delle false regole che la società stabilisce per la gestione dell’alternarsi del sonno, essendo un chiaro complotto delle lobby della produzione della corrente elettrica. 
“Ma non eravamo andati al saggio di musica?” commentò la figlia dell’autrice, vent’anni dopo, leggendo questo post sul blog della madre.

Di solito andiamo da soli, e non capisco perché la gente si defili. Non è un progetto piacevolissimo quello di trascorrere una giornata al caldo torrido, con pochissime occasioni di riposarsi un po' all'ombra, in compagnia di una famiglia di isterici?

Per una volta però, riusciamo a convincere la sorella del marito dell’autrice a venire con noi, portando con sé i due figli, Riccardo (quasi 11), Elisa (quasi 6). 

(N.d.A.: Ne approfitterei per informare i numerosi lettori di questo blog che ancora non l’avessero capito, che l’autrice e il marito hanno tre figli, Sara (10), Davide (quasi 7), Ilaria (quasi 4). Ma visto che gli unici fedeli lettori di questo blog sono mio marito, mia sorella, la mia migliore amica e la summenzionata cognata, la precisazione non credo sia necessaria. Quindi procediamo come se non l’avessi fatta.)

Visto che a me, per questioni molto pratiche di logistica e sindrome premestruale assassina, piace arrivare presto, per gironzolare tra le bancarelle quando non c’è assolutamente nessuno, vorrei partire verso le 10 e arrivare verso le 11. Ma sabato, sento marito telefonare a sorella per accordarsi sull’orario, e dire “Vieni qui e partiamo insieme, verso le dieci...”. 
Immediatamente comunico a marito, con leggiadre e sofisticate mosse, molto simili a quelle degli sbandieratori storici misti allo sbattere d’ali di un albatros in picchiata, insomma ondeggiando con le braccia, “dille di venire per le nove”. Al marito non resta altro che terminare con un “dieci… meno un quarto”. 
Ok ok ok, partiremo alle dieci e trenta.

Domenica mattina ci siamo svegliati presto, abbiamo preparato i panini, la borsa frigo, i cambi mutanda/pantaloncini/maglietta che se si pisciano addosso/si colano addosso il ketchup/ si squagliano addosso il gelato, non si sa mai...

(N.d.A.: Nella realtà dei fatti, se si pisciano ok, li cambiamo, ma quando si sporcano, di solito siamo già così stanchi che abbozziamo una splendida teoria, che un giorno approfondirò nel manuale di puericultura che spesso mi ripropongo di scrivere, “Io mamma, tu cita”. La teoria? Quale.. oh sì, la teoria è “ma perché cambiare la maglietta per una macchiolina, quando sicuramente al prossimo gelato se ne fa una più grossa? cambiamola a casa”. Ottima.)

Urlati gli improperi e le minacce di rito, in merito al difficile percorso di vita che si prospetta a chi non obbedisce ai genitori (percorso che non di rado prevede molte tappe tra cui la prigione, il centro per l'impiego, il lavoro in miniera o come mozzo su una nave mercantile), abbiamo legato i bambini in macchina e siamo partiti (alle dieci e trenta).

Arrivati a Pavone, abbiamo pagato la gabella di ingresso (3 € gli adulti, gratis i bambini, 55 € mio marito che, cercando di entrare con una borsa frigo contenente 48 bottigliette da mezzo litro di minerale, ha dovuto pagare la quota per venditori di acqua in nero). 

Entrati nel centro storico giusto in tempo per il giuramento, incoronazione o presentazione di un qualche re, siamo andati alla ricerca di un bel posticino/ panchina al riparo dal sole per sederci e mangiare. 
Abbiamo mangiato seduti su un muretto umidiccio. 
Che conteneva un formicaio. 
Scartando panini portati da casa davanti al banchetto della panetteria. 
E bevendo una birra in lattina comprata da mio marito ad un banco che non voleva davvero vendergliela (e marito per dispetto ha requisito proletariamente un bicchiere). 

Il muricciolo era ovviamente alla base di un’aiuola stretta e ripida, dove i bambini si sono fastidiosamente arrampicati per mezzora. Ma, grazie alla clemenza della corte, nessuno è caduto. E badate bene, disponevamo di una buona percentuale di frignoni. 

Prima di ricominciare la nostra marcia senza meta tra i vicoli, abbiamo trovato un bagno che aveva l’aspetto di un bagno pubblico, ma nessuna indicazione esterna in merito. Sembrava un segreto di paese, un locale dove la gente prima di entrare si scambiava loschi segnali, stile massoneria, con quelli delle bancarelle vicine. Prima di usufruirne, abbiamo mandato in avanscoperta marito. Vedendolo riemergere, senza nessuno che lo rincorresse per menarlo o per farsi versare un’ulteriore gabella, rincuorati entriamo, usufruiamo, e andiamo a prenderci un caffè , in attesa del corteo storico.

Arriva il corteo storico, seguiamo il corteo storico. 
Il corteo storico va verso il castello per la strada lunga, non seguiamo più il corteo storico. 
Il corteo storico ricompare nella via dove siamo passati per vedere una mostra d’arte, seguiamo il corteo storico. 
Il corteo storico si ferma in piazza dei martiri, lo guardiamo un po’, poi torniamo indietro verso la piazza del comune, dove dovrebbero cominciare a duellare. 
Il corteo storico ci raggiunge lì, e poi si disperde.

Aspettando l’inizio dei duelli (N.d.A.: Per descrizione visiva, vedere video su youtube, se disponibili) ho finito di ustionarmi la spalla destra, che era rimasta protetta dalla spallina dello zaino. 


Risoluzione della premessa (il corno)

Nel frattempo, cognata e figlio maggiore (suo) si sono allontanati in direzione bagno. Quando tornano, nipote (mio) ci mostra con entusiasmo il corno di bue (di plastica) che ha comprato. E, giustamente, cognata, osservandolo bene, nota come manchi il caratteristico buco sulla punta, dove il figlio dovrebbe appoggiare le labbra e soffiare, per produrre il melodioso suono dei suonatori di corna di bue medievali.

Secondo me, il fatto che per tutta Pavone girasse gente medievalmente vestita, che tracannava birra versata in enormi bicchieri ricavati da corna di bue, avrebbe dovuto suggerirle qualcosa. 
Anche l'etichetta "100 ml" applicata sul lato, avrebbe potuto costituire un valido indizio sul reale scopo del corno. 
Per fortuna alla fine abbiamo impedito che cognata tornasse dal venditore di bicchieri per chiedergli se poteva cambiare il suo bicchiere con un altro, possibilmente già bucato sul fondo.
(N.d.A.: Io mi ci sono imparentata volontariamente.)


Fine

Nel frattempo, i duelli sono terminati, con un'ultima apparizione del corteo storico, in particolare gli sbandieratori, che hanno magistralmente sbandierato, e i suonatori di tamburo, che hanno tamburellato.

Prima che i vincitori del torneo venissero premiati, siamo tornati a casa. 
Spero anche il corteo storico.


venerdì 5 giugno 2015

UansAponATaim S01 E09

Stagione 01 Episodio 09

Ed ecco che finalmente riesco a ritagliare un momento per l’episodio numero nove. Ultimamente ritaglio più pinguini che tempo, e sentivo che era ora di tornare a qualcosa di più ragionato. 

Abbiamo lasciato, al termine dell’episodio otto, Tremotino in coda all’anagrafe. Lasciamolo ancora un po’ lì, ed occupiamoci di Emma, e facciamo in fretta che sta per cominciare Gazebo. 

Emma arresta due bambini per un piccolo furto in negozio. Riaccompagnandoli a casa, scopre che sono orfani. Ma, avendo vissuto una ventina d’anni a Storybrook, avvolti nel sortilegio che non permetteva loro di crescere, né a nessuno di abbandonare la città, sono diventati due esperti ricettatori. 
Si offrono infatti di aiutare Emma a piazzare il suo Bimby, che giace ancora sul tavolo della cucina dell’appartamento che divide con MaryMargaret, la quale ha ripetutamente usato il frullatore a caldo per elaborare nuovi cocktail “cotti", la cui ricetta segreta ha intenzione di vendere alla Nonna. Nonna che, ricordiamo, gestisce un ristorante di giorno, un call-center cartomanzia&porno di notte, ma vorrebbe aprire un piccolo distributore per bevande alcoliche vicino al locale McDonald. 
E intanto è iniziato Gazebo…

Nel mondo delle fiabe, troviamo Hansel e Gretel che stanno facendo un gita nel BoscoInfrattato, ma perdono di vista il padre, e finiscono nelle grinfie di Reggina. Lei promette loro di aiutarli a geolocalizzare il papà, se loro acconsentono a recarsi in visita da un su conoscente, per sottrargli un pacchetto misterioso.

Hansel e Gretel accettano, e Reggina li conduce davanti alla Casetta Dei Dolci, suona il campanello e scappa, lasciando i due ragazzini impalati davanti alla porta. 
“Ma sta coglion…” fa in tempo a mormorare Hansel, prima che la porta si apra e ne sbuchi fuori Flavio Insinna. 
"Siete qui per i pacchi?” chiede sfregandosi le mani “entrate, entrate”. 
“Oh cazzarola...” esclama Gretel.

12 ore dopo, i ragazzini, stremati, escono con il loro pacco, contenente una mela, che hanno scambiato all’ultima manche con il loro pacco di assegnazione, che ovviamente conteneva 12 miliardi di scudi reali d’oro. Ma la loro scelta si rivela comunque corretta, perchè era proprio la mela ciò che voleva Reggina.

A Storybrook, Emma ritrova il padre dei ragazzini, mentre i due, dopo aver venduto il suo Bimby a Tremotino (il quale ha come la vaga impressione di essere già stato coglionato in modo simile nell’episodio 4), si stanno occupando dello smercio dell’intero lotto dei Tupperware di Emma. Li acquista la piccola fiammiferaia, per riporre la sua merce e conservarla fresca, protetta dall’umidità e sempre pronta in comode dosi.

Il padre all’inizio non ha intenzione di occuparsi dei due, quindi Reggina dispone il loro trasferimento a Boston. Emma finge un guasto alla macchina e chiama il carrattrezzi, guidato dal padre dei ragazzini. Mentre i due parlano, Hansel e Gretel si intrufolano nella cabina del camion e si allontanano. Il padre, colpito dalle capacità dei suoi figli, decide di prenderli con sè. 

Puntata a lieto fine, ma storia generale…


… To Be Continued …


Comunque, non ho capito perchè dovevo guardare Gazebo e sto guardando iCarly, ma vabbè… Ah, no, è iniziata "La marcia dei dinosauri". Molto bene.

martedì 2 giugno 2015

Bruges, la Movida e i Pinguini

Il Ritratto dei Coniugi Arnolfini è un’opera tra le più note del pittore fiamminga Jan Van Eyck. Ho sempre associato la parola “fiamminga” ai racconto della piccola fiammiferaia, e il cognome Van Eyck all’attore che interpretava Bert lo spazzacamino, ma in versione Medico in Corsia. Sto divagando? Di già? Non mi sembra...

L'opera è un ritratto di scena intima e familiare, ma per secoli i critici si sono affaticati nella ricerca di spiegazioni allegoriche ai gesti dei coniugi, alla loro espressione e agli oggetti sparsi per casa.

Vogliamo qui offrire una visione un po’ più razionale, ricavata dall’osservazione attenta dell’immagine e dalla consultazione di documenti scritti dell'epoca, in particolare i diari segreti di Jan Van Eyck. 
Jan tenne un diario segreto fin dall’età di 8 anni, ed ebbe sempre la costanza di appuntare note scritte relative alla realizzazione delle sue opere.  
(N.d.A.: Costanza che spesso manca a certe autrici di mia conoscenza, che spaziano e divagano, lasciando sempre a metà quello che iniziano.)

Ok, ok... “I Coniugi Arnolfini", dipinto nel 1434, rappresenta una coppia in piedi, in una stanza. I coniugi ritratti sono Giovanni Arnolfini e la moglie, Giovanna Cenami, italiani emigrati in Belgio per fare i mercanti e i banchieri.  
La scena è ambientata nella camera da letto del bilocale, piccolo ma accogliente e di recente ristrutturazione, che i due avevano affittato a Bruges. 

Negli anni ’30 del 400, il centro storico di Bruges era ricco di locali notturni, ritrovo per i giovani, che si davano appuntamento nel tardo pomeriggio per un aperitivo, e si risvegliavano 12 ore dopo, curcati nei fossi, dopo un’intensa nottata di cui conservavano pochi ricordi, tra cui a volte la sifilide.

Vediamo meglio i protagonisti. 

Lui, Giovanni, sguardo tipico del mercante di Bruges che è appena arrivato a casa dopo essersi svegliato in un fosso, alza la mano verso la moglie, e con voce roca tenta di mormorare “con i mojito ho chiuso”. Con l’altra mano afferra la mano della moglie, forse per cercare un equilibrio.

Giovanna lo guarda e gli offre la mano a palmo aperto, trattenendo a stento la voglia di spalmargli la suddetta mano in faccia, per spiegargli meglio come è fatta la colazione dei campioni che tornano a casa dopo essersi svegliati nei fossi. 
(N.d.A.: Il mio coprivano è dello stesso colore del vestito di Giovanna.)
(N.d.A.: non credo di aver mai detto che tutte le note debbano per forza essere pertinenti.)

La conversazione è stata ricostruita grazie anche ai dialoghi, riportati in fiammingo stretto, sui diari di Van Eyck. Van Eyck fece probabilmente qualche piccolo errore di comprensione, ascoltando i coniugi parlare in italiano, e capendo, ad esempio, "stro" (paglia) anziché "stront" (ehm, tipo cacca). Quindi una parte di dialogo relativo alla testa ripiena di paglia di Giovanni non è considerato attendibile dagli storici.

L’appartamento è pieno di oggetti sparsi, che sono stati spesso scambiati per simboli. In realtà, i coniugi, tra la banca, il mercato e la movida, avevano ben poco tempo per rimettere a posto. Si notano infatti le ciabatte di lui (un modello molto in voga all’epoca, zoccoli di legno a infradito con tacco, da far impallidire le più recenti Crocs), lasciate a terra davanti alla porta, e le ciabatte di lei, seminascoste sotto il letto. La massiccia figura di lei, con l'enorme vestito color verde "copri-divano", nasconde alla vista la pila di panni da piegare, appoggiati ai piedi del letto.

Il lampadario è una vera chicca, e dai diari di Jan scopriamo che Giovanna ci mise una vita a trovare il tipo giusto per la camera da letto (lampadario, non tipo, con il tipo ebbe fortuna, lo incontrò molto giovane), girando per i mercatini dell’usato di tutta Bruges (sempre il lampadario, il tipo lo trovò in un discutibile disco-risto-pub che non praticava una difficile selezione all'ingresso).
Jan riporta anche il fatto che il marito avesse spesso da ridire sulle scelte lampadaristiche di Giovanna, ma all’epoca ai mariti era assolutamente vietato scegliere i lampadari. 
Tradizione molto bella, che ai giorni nostri si è persa purtroppo, lasciando spazio agli scempi di design che si possono osservare in certi quadrilocali di Torino (piccoli ma accoglienti e di recente ristrutturazione).

Sul davanzale della finestra vediamo un po’ di frutta, appoggiata in parte anche sul cassettone. Questo a dimostrazione che i coniugi spesso rimandavano lo svuotamento della lavastoviglie, per passare la serata spaparanzati sul divano, oppure davanti al computer a scrivere cavolate. E i cestini portafrutta attendevano pazienti dentro la lavastoviglie.

Il punto focale del quadro, il piccolo animale di compagnia che i coniugi Arnolfini vollero ritratto tra loro, è stato per secoli mascherato dalla censura, con diversi strati di bianchetto e pittura. 

Ma recenti restauri, finanziati dal Centro Ricerche Sfeniscidi, un istituto di fama discussa, benché si occupi prevalentemente di finanziare progetti in campo artistico e storico, hanno riportato alla luce lo splendido esemplare di Pinguino Reale rappresentato. 

I Coniugi Arnolfini


La consultazione delle fonti storiche scritte dell’epoca (sempre resa possibile dal summenzionato Centro Ricerche) ci ha portato a confermare, a partire dai registri comunali degli animali domestici, fino al prezioso censimento delle attività commerciali di smercio di cibo per pinguini, la forte presenza di pinguini reali nelle case dei giovani mercanti e banchieri nel '400 a Bruges. Presenza ormai nota in tutta l'Europa, in quella e in molte altre epoche.

Chiudiamo l'analisi di questa splendida opera con un particolare, lo specchio alle spalle dei coniugi. 
Con un semplice espediente il pittore riesce a mostrarci il quadro appeso sopra la porta d'ingresso della camera da letto, raffigurante un soggetto molto in voga all'epoca, ispirato alle Tre Grazie.


Ingrandimento del particolare dello specchio.

Le Tre Grazie, affresco romano del IV sec. a.C.